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Il direttore Bellenger restituisce alla città il parco dimenticato di Capodimonte

Il direttore del Museo di Capodimonte Sylvain Bellenger racconta in una lettera aperta il suo programma di recupero del Real Bosco di Capodimonte, un parco protetto dall’Unesco, scelto da Carlo di Borbone per la bellezza della sua veduta. La potatura della siepe, necessaria per la salute delle piante e l’incolumità dei cittadini, ha finalmente restituito a Capodimonte il suo belvedere sulla città, una delle immagini più celebri del vedutismo napoletano, per anni negata dall’abbandono e dalla crescita incontrollata della vegetazione.

Si tratta del primo di una serie di interventi per il recupero dell’intero Parco e della sua funzione pubblica.

Sono previsti lavori di restauro all’emiciclo della porta di mezzo con i cinque viali, uno dei massimi esempi di architettura dei giardini tardo-barocca, al giardino all’inglese, al Giardino dei Principi, una delle principali Delizie del Real Sito, al Giardino della Fruttiera, e saranno recuperati gli antichi valloni e le aree naturalizzate.

 

La funzione pubblica del parco sarà garantita realizzando aree adibite al gioco del pallone, del cricket, e ai picnic, aree specifiche per il gioco dei bambini, percorsi per gli sportivi, e aree per i cani. Saranno moltiplicati i cestini per un’auspicabile raccolta differenziata, posaceneri, panchine, e ci sarà un sistema di video e audio sorveglianza, oltre a una copertura generale di wi-fi.

 

Di seguito il testo integrale della lettera del direttore Sylvain Bellenger:

 

Un giardino è un’opera d’arte. Come scrive Edouard Andrè, famoso paesaggista francese, professore della scuola di Versailles e autore di numerosi giardini in Europa, un’opera d’arte di difficile assemblaggio o meglio di difficile mescolamento tra arte e scienza. Infatti a differenza di una statua, un dipinto, una composizione musicale o poetica, un giardino non può mai dirsi ultimato. Le piante sono per il giardino come le cellule di un organismo vivente, che continua a crescere a trasformarsi, tanto che un luogo muta continuamente d’aspetto, anche da un giorno all’altro. Ma essendo il giardino concepito secondo un progetto, se lasciato a se stesso, la materia vegetale comincia a procedere per proprio conto e se non si esercita da parte di chi gli è preposto un controllo continuo, sfocia nella confusione, nel degrado.

 

La Direzione del Real Museo e Bosco di Capodimonte ha intrapreso con la sua squadra un complesso compito nel voler recuperare il parco di Capodimonte nella sua interezza o meglio nei suoi significati più profondi. Il Bosco è un bene culturale, protetto dall’Unesco, per il suo immenso patrimonio storico, architettonico e botanico. In tale contesto è stato iniziato un profondo studio sulla storia del parco, consultati centinaia documenti di archivio (sono stati trovati perfino gli originari elenchi delle specie piantate a Capodimonte), analizzati l’iconografia storica, fotografie, vecchi articoli di giornali o guide turistiche di inizio secolo scorso.

 

UNA CURA CONSAPEVOLE

Il Bosco per la sua storia e le sue implicazioni, anche quelle più dolorose (mi riferisco al periodo della guerra e anche quello successivo), esprime inequivocabilmente la natura tutta umana del suo divenire, la sintesi di diversi modelli tipologici, miracolosamente sopravvissuti all’incuria. Pertanto esso esige una costante ed accurata manutenzione e un monitoraggio fitopatologico. L’incuria del tempo, la vetustà degli esemplari arborei impongono un analitico censimento dei problemi statici e fitopatologici che incombono nel parco. Carie del legno, marciumi radicali, eliofilie, parassiti vari saranno monitorati e per ogni problematica verrà redatta una scheda analitica con strategie di risanamento.

 

L’intento è quello di possedere un database su piattaforma Gis di tutti gli alberi e delle loro problematiche, per ognuno di essi verrà redatta una scheda periodicamente aggiornata. Questo ci consentirà di elaborare delle mappe del rischio ed indirizzerà la manutenzione in maniera strategica. Con questa idea, la Direzione ha avviato un programma di recupero del parco. Procedendo con un primo e necessario intervento di pulizia di alcune aree degradate, abbandonate e sommerse dai rifiuti.

 

Anonio Joli
Antonio Joli, Ferdinando IV a cavallo con la corte

 

IL GIARDINO DELLE DELIZIE E IL PANORAMA RITROVATO

L’area antistante la Reggia anticamente denominata “spianato” rappresentava una delle massime espressioni del vedutismo napoletano del XVIII-XIX secolo. La veduta da Capodimonte della Città era una delle icone della pittura napoletana di quel periodo. Come prima accennato, il sito di Capodimonte venne scelto per la bellezza della sua veduta verso la città (il bello-vedere da Capodimonte), per anni questa veduta è stata negata dall’abbandono indiscriminato della vegetazione ed ha fatto in modo che piante con funzione di spalliere basse e sagomate sfuggissero a questo disegno diventando alberi filati e malati (pieni di carie del legno) lungo una scarpata ripida, tali da costituire anche pericolo. Oggi con un intervento drastico, ma purtroppo necessario e assolutamente monitorato dal punto di vista eco-fisiologico, abbiamo restituito Capodimonte alla città, ripristinando una delle immagini dell’iconografia storica napoletana più conosciuta in tutto il mondo. È evidente che tale intervento non può dirsi concluso: sono stati infatti prefissati obiettivi a medio e lungo termine come la manutenzione e la cura delle piante sane, la sostituzione e la ripiantumazione delle piante malate con essenze equivalenti o migliori, ripristino della bordura lungo la staccionata, nonché interventi di ingegneria naturalistica.

 

Fiori e piante esotiche caratterizzavano l’intorno della reggia, mentre in epoca Savoia furono introdotte numerose palme in parte ancora esistenti. Erano spazi molto curati con dei cromatismi accesi e forti contrasti. Dopo anni di incuria, abbiamo iniziato a recuperare la vegetazione ormai in totale abbandono. Molte palme sono state distrutte dal famoso punteruolo rosso, oggi questo fenomeno è arginato da interventi fitosanitari mirati.

 

I grandi cespugli di Phoenix e Chamaerops versavano in condizioni terribili dal punto di vista igienico-sanitario, erano diventati ricettacoli di immondizia e rifugio per topi, ratti e siringhe di tossicodipendenti. Fortunatamente oggi sono stati puliti e recuperati. Molte piante di alto fusto che costituivano pericolo per la pubblica incolumità sono state recuperate.

Riporteremo i vecchi cromatismi con fiori e foglie ornamentali secondo un gusto ben documentato nel periodo Savoia, tra poco rifaremo le praterie che attualmente sono spazi adibiti a gioco del pallone.

 

Palme prima e dopo
Palme antistanti la Reggia, prima e dopo l’intervento di pulitura e potatura

 

IL GIARDINO TARDO BAROCCO E IL GIARDINO PAESAGGISTICO ALL’INGLESE

Restaureremo l’emiciclo della porta di mezzo con i cinque viali (sagomati a spalliera, tranne quello centrale che era a grottone) riportandolo ad essere uno dei massimi esempi di architettura dei giardini tardo-barocca che si innesta nella grande tradizione europea del giardino di fine secolo XVII, con particolare riferimento al grande ingegno del Le Notre.

 

Riproporremo le scene del giardino paesaggistico o all’inglese, creazione tutta umana che segue un ideale della natura ricreata, fatta non solo di sentieri curvi e tortuosi. Recupereremo l’originario rapporto tra gli elementi vegetali e lo spazio. Gli alberi saranno riconsiderati come singoli elementi viventi, validi ognuno individualmente per i loro caratteri singolari, per la loro forma e il loro variare nel tempo e nelle stagioni. Un importante intervento di recupero è stato già avviato nell’area dello spianato (veduta di Napoli) si procederà con il Giardino dei Principi una delle principali “Delizie del Real Sito“, con molte essenze esotiche. Se ne deve la sua realizzazione al capo-giardiniere dell’Orto Botanico (1807) Dehnhardt, all’interno del quale sperimentò il gusto dell’esotico attraverso specie vegetali provenienti da tutto il mondo come magnolie (Magnolia grandiflora) e taxodi (Taxodium disticum) dall’America, canfore (Cinnamomum camphora), camelie (Camellia japonica) dall’Asia e eucalipti (Eucaliptus camaldulensis) dall’Australia, e altre ancora. Si proseguirà valorizzando l’area delle praterie in prossimità del vecchio Cellaio dove il gusto inglese è chiaramente presente nella composizione spaziale che sembra dilatarsi in ampi spazi aperti, dove vediamo cedri del Libano, roverelle e podocarpi.

 

Articolo Parco 04
Emiciclo coi cinque viali del Real Bosco

 

I VALLONI E LE AREE NATURALIZZATE

Recupereremo gli antichi valloni e le aree naturalizzate dove la vegetazione si esprime, ormai, in maniera naturale assecondandone la vocazione con una manutenzione atta solo ad eliminare l’insorgenza di piante infestanti (robinie, rovi, ecc). Si restituiranno al pubblico le numerose aree oggi interdette perché pericolose. Si creeranno itinerari naturalistici in assoluta sicurezza, per tutti colori che intendono fruire il parco anche dal punto di vista naturalistico.

 

IL GIARDINO E CASAMENTO DELLA TORRE

Nucleo forse preesistente alla realizzazione della Real Delizia, si trova all’estremità sud-orientale del Bosco. Il casamento Torre era l’abitazione del giardiniere che aveva in cura il complesso. È l’unico sopravvissuto dei giardini produttivi del parco di Capodimonte. In questo luogo si coltivavano frutta e ortaggi riservati alle mense reali; inoltre molte varietà di fiori con un vivaio al servizio del Bosco. All’estremità del complesso si trova il Giardino della Fruttiera, con un sistema ortogonale di viali cinti da controspalliere di alberi da frutta. L’obiettivo futuro è quello di creare un sistema integrato di ricerca con finalità tecniche e produttive. Un luogo di allestimenti e museologia viva nonché di conservazione delle vecchie cultivar fruttifere coltivate in epoca borbonica (germoplasma).

 

Articolo Parco 07
Prato del Real Bosco

 

IL BOSCO COME PARCO PUBBLICO

Il bosco è anche un giardino pubblico e nell’ambito della sua valenza culturale denota numerosi servizi eco sistemici riferibili al tempo libero o alla sua funzione ecologica (pensiamo a quanta anidride carbonica cattura o a quanto ossigeno emette o a quante particelle sottili ingloba). Esso va protetto da tutti noi per il suo uso comune appellandoci al senso civico della comunità. Per proteggere le parti più rappresentative dal punto di vista storico-culturale e quelle più fragili saranno individuate aree adibite al gioco del pallone, cricket, picnic, aree specifiche per il gioco dei bambini, percorsi vita per gli sportivi, aree per i cani. Sostituiremo e moltiplicheremo i cestini adatti per un’auspicabile raccolta differenziata, posaceneri, panchine, ci sarà un sistema di video e audio sorveglianza, una copertura generale di wi-fi, e addetti alla custodia. Per uscire dall’isolamento logistico e creare un collegamento tra il centro e Capodimonte prossimamente verrà predisposta una navetta culturale permanente compresa nel costo del ticket museale di circa 12 euro, andata e ritorno, disponibile in vari punti della città, sperando che nel futuro prossimo questa navetta sia ecologica.

 

I programmi sopra descritti costituiranno il prodotto di un comitato tecnico scientifico composto da professionalità autorevoli e internazionali. Ancor di più tutto questo sarà possibile grazie all’aiuto di tutti i cittadini pertanto si creerà una Associazione amici del Bosco, che ci aiuterà ad educare il pubblico sul valore culturale, architettonico e naturalistico del parco’.

 

Sylvain Bellenger

 

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Paesaggio
porta di mezzo
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Paesaggio

Foto di Alessio Cuccaro

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