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L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… Alla scoperta degli animali che vivono nel Real Bosco di Capodimonte

Non si ferma la rubrica L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta… e per questo nuovo appuntamento Stella Cervasio, giornalista di Repubblica e garante per i diritti degli animali per il Comune di Napoli, ci presenta tutti gli animali del Real Bosco.

Sono molte le specie che lo abitano. Gli animali vivono nascosti, ma gli incontri sono sempre possibili.

 

“Lassù, sul colle, vive il bosco verdeggiante dalle fresche ombre”

 

E’ l’incipit di una delle “Leggende napoletane” di Matilde Serao dedicata al Bosco di Capodimonte.

 

Un “mondo di mezzo” tra la città e il cielo, popolato da alberi che parlano perché sono abitati dagli uccelli e da animali che a volte sconfinano nella vicina città.

 

L’hanno fatto anche nei giorni della pandemia, quando il silenzio del confinamento imposto agli esseri umani ha spinto alcune volpi a superare il limite del bosco percorrendo i sentieri con l’ardire finale di attraversare via Capodimonte.

 

Volevano assaggiare i giardini dall’altra parte della strada, che hanno nomi stregati, e sono dedicati alle fate, che ritroviamo anche a valle, nel “vico Fate a Foria”.

 

I giardini stanno di fronte alle grandi chiome dei lecci del bosco e le piante si scambiano opinioni, uccelli e altri animali.

 

“Schizzano, sfilano le lucertoline grigio-verde, dalla testolina mobile ed intelligente, dalla coda nervosa. Il silenzio è profondo; è lontana, lontana la rumorosa città”

 

Scrive nelle prime righe del racconto la scrittrice napoletana che pubblica per la prima volta i racconti presso un editore di Milano, a 24 anni, nel 1881.

 

Chissà l’effetto che dovette fare ai milanesi, leggere di una Napoli dove si trovano addirittura boschi, non della Val di Susa o del Cadore o quelli nordici abitati da elfi o, come scrive nell’introduzione la stessa Serao, da walkirie o dai celtici kelpie, cavalli-rettili pesci uniti in un ibrido mai visto, forse progenitore del mostro di Loch Ness.

 

Il bosco napoletano è un giardino non ordinato, non disciplinato, ma un luogo in cui la natura erompe e deborda.

 

Per Matilde Serao è più il luogo delle ninfe, e una ninfa – come la intende Giorgio Agamben in uno dei suoi libri più belli, è una Venere che prende vita e va in pezzi lasciando il rimpianto in chi l’ha amata.

 

Il riferimento della Serao è il Museo di Capodimonte con la sua scuola della porcellana, che ha dato vita a statue di esseri umani, ma anche di piante e di animali.

 

Perché il bosco ne contiene molte specie. Vivono nascosti, ma gli incontri sono sempre possibili.

 

“In ogni riserva di caccia dei re Borbone – racconta Rosario Balestrieri, presidente dell’associazione Ardea, ornitologo, segretario nazionale del Centro Ornitologico Italiano – venivano allevati soprattutto grossi animali da trasformare in trofei. Soprattutto ungulati, tra i mammiferi, e fagiani nell’ambito degli uccelli”.

 

La grande estensione di verde a ridosso del centro cittadino ha prodotto importanti osservazioni scientifiche.

 

“Ai primi del Novecento – prosegue il naturalista – quella su un gufo reale, che si conserva sotto forma di tassidermia nei musei delle scienze naturali e fisiche dell’Università Federico II di Napoli: si tratta di un unico individuo, ma sappiamo che nel Real Bosco ne esisteva a quei tempi una piccola popolazione”.

 

Definita una vera e propria foresta, con i suoi 160 ettari, il bosco è prediletto dagli studiosi per le sue caratteristiche di ecosistema complesso in cui sono rappresentate tutte le componenti di un habitat naturale: dalla prateria agli alberi marcescenti che sono caduti e ospitano specie diversissime.

 

“La più numerosa è quella degli uccelli, con oltre cento specie – continua Balestrieri tra nidificanti, migratori e svernanti. Il simbolo di Capodimonte è rappresentato dagli uccelli cavitari, che fanno il nido nelle cavità di alberi di diametro maggiore: il picchio, lungo quindici centimetri, ha bisogno di un albero con una circonferenza dal raggio di almeno trenta centimetri per poter nidificare. Sui filari di alberi si trovano nidi sui tronchi e questo li rende vulnerabili, perché facilmente identificabili dai predatori e volte suscettibili di diventare vere trappole ecologiche. A Capodimonte, data la presenza di grandi alberi, il problema non esiste o è ridotto”.

 

In ogni bosco che si rispetti, ecco i picchi: il rosso maggiore, il verde e il torcicollo, l’unico  migratore della famiglia, che si nutre di insetti della corteccia senza bisogno di bucarla, ma d’inverno resta praticamente senza cibo quindi è costretto a volare verso altre terre.

 

Picchio Rosso Maggiore

 

Detto “torcicollo“, per una acrobazia che fa tornare in mente un vecchio film con Meryl Streep, “La morte ti fa bella”:

 

“Infatti quando è spaventato – spiega Balestrieri – torce la testa, fingendo di essere un serpente per ingannare i suoi predatori”.

Più piccoli i fratelli del picchio che abitano le cavità, come le cinciarelle e le cinciallegre.

 

“Se immaginiamo il bosco come un palazzo a più piani – ipotizza il naturalista – sui prati, che costituiscono il piano terra, troviamo le ballerine bianche, nei pressi delle fontane le ballerine gialle, che prediligono ambienti umidi e presenza d’acqua, e tortore dal collare orientale, gazze, cornacchie e merli più vicini all’ingresso del parco”.

 

Ballerina gialla

 

Cornacchia Grigia

 

 

Tortora dal collare orientale

 

 

“Salendo di un gradino, nel sottobosco, saremo nel regno dei pettirossi, degli scriccioli, dei luì piccoli e le passere scopaiole: non misurano più di 14 centimetri e devono il nome al fatto di fare il nido di solito in prossimità delle eriche, con le quali un tempo si fabbricavano scope”.

 

 

Luì

 

Passera

 

“Sui fusti si riescono a scorgere uccelli molto mimetici, come il rampichino che saltella lungo la corteccia assomigliando di più a un piccolo mammifero.

Fra i rami incontriamo il fringuello, il verzellino, il colombaccio, la ghiandaia, il verdone, il cardellino“.

 

Fringuello

 

Verzellino

 

Colombaccio

 

Non mancano i predatori, i signori dell’aria.

“A Capodimonte nidificano lo sparviere, il gheppio e l’allocco, il re della notte del bosco, predatore notturno con un’apertura alare di un metro e trenta centimetri: un gigante. E’ un uccello cavitario, ma di alberi ovviamente immensi”.

 

 

Altri predatori che nidificano nei paraggi sono la poiana e il falco pellegrino: l’essere più veloce del pianeta capace di superare i 300 km orari in picchiata.

Altri si osservano in migrazione, come il falco di palude, l’albanella miore, il falco cuculo, il falco pecchiaiolo.

 

Poiana

 

E c’è fervida vita notturna, nel bosco di Capodimonte: l’allocco mangia i roditori che cattura nel sottobosco, come fa il gheppio con insetti e lucertole, mentre lo sparviere maschio fa incetta di piccolissimi uccelli, come scriccioli, pettirossi e fringuelli, e la femmina, che misura il doppio del maschio – spiega l’ornitologo – può aspirare invece a uccelli più grandi, come tordi e merli.

 

Dotati di grandissima resistenza, invece, i viaggiatori dell’aria:

 

“I rapaci migratori si alimentano molto raramente, quelli che vediamo sorvolare il bosco è difficile che si comportino come predatori. Altri uccelli impreziosiscono bosco, come la balia nera e quella dal collare, sui prati troviamo ancora gruccioni e rigogoli, mentre sulle strutture edificate sui tetti tutto l’anno si può scorgere il passero solitario di Leopardi e d’inverno il codirosso spazzacamino.

Alti nei cieli sfrecciano intanto la rondine e il balestruccio, che sono migratori, con il rondone comune, quello pallido e il maggiore“.

 

 

 


 

Ci sono abitanti di dimensioni maggiori, nel bosco, come la volpe, che è il mammifero carnivoro più grande che ci abita:

 

“Di solito – spiega Rosario Balestrieri questi canidi hanno problemi a connettersi con altre popolazioni della stessa specie. Può capitare che i giovani nati a Capodimonte, al momento di lasciare i loro territori per formarsi una famiglia altrove, debbano attraversare la strada e vengano investiti. Sarebbe utile e opportuno pensare di creare un corridoio cittadino orientato per agevolare il transito di questa specie”.

 

Il lockdown ci ha mostrato immagini di animali che hanno “sconfinato” in molti luoghi urbani: se lo stupore e il piacere di assistere a queste scene potesse essere trasformato in un corretto rapporto con gli animali anche da parte di chi abita le città, sarebbe una crescita vera.

 

“Abbiamo anche il riccio, a Capodimonte: un insettivoro che ha lo stesso problema della volpe, nell’attraversare le strade; gli animali capaci di volare, si difendono meglio. Come roditori vivono nel bosco arboricoli come il ghiro e il moscardino, somiglianti a scoiattoli ma che sono la loro versione notturna: hanno code voluminose, e il ghiro nidifica nelle cavità, mentre il moscardino è più simile agli uccelli, nel comportamento: fa il nido nei rovi simile a una sfera con un piccolo foro che usa come porta. Inaccessibile fino a un certo punto perché questo piccolo animale viene spesso predato dalle volpi”.

 

 

 

Il piccolo popolo comprende anche i toporagni, che sono una specie indigena, ma Capodimonte ne ha anche aliene, “come le Trachemis, tartarughe palustri, che sono state abbandonate nella fontana storica e trovano riparo a testimonianza della problematica delle specie aliene che vengono ammesse nei nostri sistemi perché comprate e quando non più gestibili abbandonate in luoghi naturali o seminaturali, condannandole a volte a morte certa o a diventare causa di scompensi ecologici”.

 

 

Se ne stanno nascosti i serpenti come il biacco nero, “che da giovane è marrone con un collarino chiaro: è bene dirlo – avverte Balestrieri si tratta di una specie assolutamente innocua: l’adulto arriva a misurare tra il metro e il metro e venti, il piccolo viene scambiato per una vipera perché ha una colorazione marroncina, ma è più piccolo di una vipera e se ne distingue per il collarino. La vipera invece è facilissima da riconoscere: ha la pupilla dell’occhio verticale, mentre il biacco ce l’ha rotonda. La vipera inoltre è ha una forma tozza, mentre questo serpente che non deve far paura a nessuno è aerodinamico e assottigliato”.

 

Conclude l’esperto – aggiungendo tra le specie di insetti del bosco “le farfalle macaone gialle con strisce nere, che si posano nei prati, e le vanesse atalanta, scure con macchie rosse, dette per i loro colori farfalle vulcano. C’è poi la vanessa del cardo, una farfalla migratrice che arriva da noi in aprile dal Nordafrica, proprio come gli uccelli”.

 

Animali che trovano nel bosco di Capodimonte una vita felice e compatibile, un esempio di come la convivenza tra loro e le persone, se improntata al rispetto, è non solo possibile, ma addirittura auspicabile.

 

Video di Carmine Romano

 

 

Foto degli uccelli di Rosario Balestrieri

 

Il testo di Stella Cervasio è inserito nell’iniziativa “L’Italia chiamò – Capodimonte oggi racconta”

 

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