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La Galleria, frutto di un riallestimento completato nel 1998, occupa quasi interamente il secondo piano del Museo e racconta la storia dell’arte a Napoli e nel Mezzogiorno in un arco temporale di oltre sei secoli che ha visto avvicendarsi svevi, angioini, aragonesi, viceré spagnoli e austriaci, e, da ultimo, i Borbone.

 

Il percorso cronologico è costituito principalmente da opere di artisti napoletani e meridionali, ma è arricchito anche dai preziosi contributi dei ‘forestieri’ che hanno lavorato nel regno o vi hanno inviato i propri manufatti.

Molte opere provengono dunque da chiese e conventi napoletani e del Sud, anche grazie al collezionismo dei Borbone che hanno incrementato le raccolte d’arte in loro possesso attraverso acquisti mirati e confische seguite alle soppressioni di alcuni ordini monastici.

Gli acquisti di opere, continuati dopo l’unità d’Italia, proseguono ancora oggi e in anni recenti sono entrati a far parte della collezione dipinti di Juan de Borgoña, Dirk Hendricksz, Luca Giordano, Pedro de Rubiales e Andrea Sabatini da Salerno.

Altre opere sono invece confluite nella Galleria dalle chiese di pertinenza per motivi di salvaguardia, come avvenuto per la tela di Caravaggio.

 

 

La prima parte della Galleria espone un piccolo gruppo di opere del periodo svevo e un più cospicuo nucleo angioino di cui fanno parte le tavole di Roberto d’Oderisio, del Maestro delle tempere francescane e soprattutto del senese Simone Martini.

Il percorso prosegue con le sale del ’400, in cui spiccano i dipinti di Colantonio e di un altro senese, Matteo di Giovanni, che testimoniano la viva partecipazione della Napoli aragonese alla vicenda artistica internazionale.

Nel secolo successivo, la presenza accanto a pittori locali di numerose opere di ‘forestieri’ come Pinturicchio, Cesare da Sesto, Polidoro da Caravaggio, Vasari, Sodoma mostra la diffusione nel Meridione delle diverse scuole rinascimentali che hanno animato la penisola italica.

Conclude simbolicamente questa prima parte la Flagellazione di Cristo di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio che all’inizio del XVII secolo segna uno spartiacque nella cultura figurativa napoletana, ponendo le fondamentali premesse per lo sviluppo della scuola pittorica locale.

Il nuovo allestimento del Corridoio del Settecento espone ritratti e sculture relativi ai Borbone, servizi di porcellana provenienti dalla Real Fabbrica di Napoli e dalla Manifattura Imperiale di Vienna, fucili da caccia della Manifattura Spagnola, arazzi provenienti dalla Real Fabbrica degli Arazzi di Napoli, oggetti etnografici provenienti dall’Oceania, raccolti dal capitano James Cook, esploratore e cartografo della marina mercantile britannica, che entrarono nelle collezioni borboniche grazie al dono fatto al re Ferdinando IV dal diplomatico e vulcanologo Lord Hamilton, ambasciatore a Napoli della corte britannica (1764-1800).

 

Nella Sala Catello recentemente allestita una nuova struttura espositiva ricompone i tre gruppi presepiali del XVIII secolo che sono stati uniti a formare un’unica scena in una struttura ispirata alle ‘scarabattole’ settecentesche (vetrine in cui venivano conservati ed esposti i presepi) con una parte frontale dritta e due lati leggermente inclinati per aumentare la visibilità delle figurine.

I tre gruppi, omogenei dal punto di vista stilistico, sono ‘montati’ su tre piani di differente altezza, larghezza e profondità per distinguerli l’uno dall’altro su di una scenografia realizzata appositamente da Sergio Catello e Carlo Iacoletti, membri della stessa famiglia.

La nuova scenografia, oltre all’ambientazione unitaria, ha salvaguardato gli ‘scogli’ originali inserendoli nella nuova disposizione.

Il nuovo allestimento presepiale, mostra quindi La natività in alto con adorazione di angeli fluttuanti nel cielo ed il corteo degli orientali venuti a rendere omaggio al nascituro, posti su un livello più basso, con i loro vestiti raffinati, le armi e gli animali tra cui un cammello ed un elefante oltre ad un cervo, dei levrieri e dei pappagalli ed un incantatore di serpenti.

 

 

La seconda parte della sezione dedicata al Seicento e Settecento napoletano è interessata dalla mostra, Oltre Caravaggio. Un nuovo racconto della pittura a Napoli a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello. Sguardi sul Seicento e Settecento napoletano, tra la stagione Caravaggesca, l’arrivo di Ribera e il barocco di Preti e Giordano.

Il ’600 è considerato il ‘secolo d’oro’ della pittura partenopea, dominato nella prima metà dal naturalismo caravaggesco che si ritrova tanto nelle tele di Battistello Caracciolo, Carlo Sellitto e dello spagnolo Jusepe de Ribera, quanto nelle rimodulazioni classiciste di Artemisia Gentileschi, Simon Vouet e Andrea Vaccaro.

Le aperture cromatiche di Massimo Stanzione e Bernardo Cavallino preludono al fiorire del barocco che si manifesta in città anche attraverso l’ampia diffusione della pittura di genere, con gli specialisti delle battaglie (Aniello Falcone) e delle nature morte (Luca Forte, Giuseppe Recco, Giovan Battista Ruoppolo).

Un importante nucleo pittorico della collezione d’Avalos arricchisce il museo delle opere uno dei massimi esponenti del barocco, il napoletano Luca Giordano, il cui luminoso virtuosismo è documentato dalle grandi pale d’altare.

Mattia Preti, il rococò di Francesco Solimena e il naturalismo illuminista e dissacrante di Gaspare Traversi completano la collezione.

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