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Scomparso Marc Fumaroli: il ricordo di Stefano Causa e il contributo alla mostra “Carta Bianca”

Il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte Sylvain Bellenger si unisce al dolore del mondo della cultura per la scomparsa di Marc Fumaroli, storico della letteratura, critico d’arte, membro dell’Académie française. Per ricordare la sua grandezza e anche il contributo che Fumaroli ha dato alla mostra Carta Bianca. Capodimonte ImaginaireBellenger ha chiesto a Stefano Causa, docente di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, questo testo che vi invitiamo a leggere.

 

 

La scomparsa di Marc Fumaroli (1932-2020), una delle grandi intelligenze europee di questi anni, non ci rattrista solo per la perdita dell’uomo: brillante, smisuratamente colto oltreché legittimo erede della civiltà della conversazione dei salotti francesi tra Sei e Settecento.

Il dispiacere, un istante dopo, è che non avremo più altri titoli da affiancare al serto di quelli suoi, ormai irrinunciabili (da Chateaubriand alla Scuola del Silenzio, dalle Api e i ragni all’Età dell’eloquenza; meritoriamente tradotti da Adelphi). Queste vaste sillogi, apparentemente specialistiche, spalancano le rette del compasso creando una rete impressionante di nessi e relazioni. Sono libri che camminano e aiutano il lettore a camminare bene.

 

Libri di Marc Fumaroli, pubblicati in Italia dalla casa editrice Adelphi

 

Professore emerito al Collège de France e membro dell’Académie Française, non lo avrebbe probabilmente rallegrato sentirsi annettere alla schiera di quei ricercatori super competitivi, rinserrati dentro un sapere specialistico e altrettanto autoreferenziale. Per quanto la curiosità e l’intelligenza dell’uomo risultassero poco meno che vulcaniche (è il caso di dire, conoscendone l’amore per Napoli), Fumaroli era generoso e incapace di nuotare a pelo d’acqua.

 

Libri di Marc Fumaroli, pubblicati in Italia dalla casa editrice Adelphi

 

Anche lui, come Robert Bresson, scavava sul posto: alla ricerca del doppio o triplo fondo delle cose. E come Truffaut avrebbe potuto raccomandare nel megafono del regista: beaucoup de silence et beaucoup de justesse. L’ordine e la correttezza vanno sempre rispettati nel nome della filologia. Ma senza diventarne schiavi. Per questo ogni libro di Fumaroli è centrifugo e ne accende altri come un autentico carburante dell’intelligenza. Ma attenzione.

 

Massimo studioso di retorica, Fumaroli era, di sensibile riflesso, uno storico e critico d’arte; di quelli di gittata lunga e da cui non si torna mai a casa a mani vuote. A Capodimonte ne sappiamo qualcosa se è vero che, spronato dall’amico Sylvain Bellenger che gli diede Carta Bianca per raccontare una sala del museo, egli ha fornito una lettura dal di dentro, inedita e sollecitante, del ‘6oo napoletano (2017).

 

La sala allestita da Marc Fumaroli nella mostra “Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire” (12 dicembre 2017-11 novembre 2018)

 

Per il resto – e solo per cominciare a bagnarsi i piedi in questo mare – non si resiste a consigliare la lettura di un diario del 2009, da noi ricevuto due anni dopo (Parigi -New York e ritorno. Viaggio nelle arti e nelle immagini). Con questo urticante pamphlet, insieme alla Scuola del silenzio (1994) e a al precedente Stato culturale (1991) siamo di fronte ai pochi libri di storia dell’arte – nel senso più ampio e confortante della parola – davvero cruciali di questi ultimi anni. Vi si riconosce il polemista formidabile e il maestro di stoccate tutte le volte – e non mancano – in cui non ci si trovi d’accordo.

 

Libri di Marc Fumaroli, pubblicati in Italia dalla casa editrice Adelphi

 

Ma che ampiezza d’ala e traiettoria di volo. Sono questi gli uomini, sempre poco allineati, che ci aiutano a capire come, fin dall’inizio, l’obiettivo dell’Unione Europea potesse e dovesse fondarsi sopra un lento e paziente esercizio di sensibilità e cultura. Appassionato di retorica ma alieno da ogni retorica, Marc Fumaroli ci ha insegnato che si tratta, tutto sommato, di un’utopia possibile.

 

Testo di Stefano Causa, docente di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

 

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